Il Potere Civile e Militare nell'Antica Roma

Alessandro Marini

12/06/23

Storia

Statua di Augusto

Nell'antica Roma, dall'età monarchica fino al III secolo d.C. circa, non vi era distinzione fra potere militare e potere civile. Infatti, magistrati come consoli o pretori, in caso di guerra, divenivano comandanti dell'esercito, mentre i cittadini-proprietari diventavano cittadini-soldato, dal momento che potevano combattere per Roma solo coloro che erano proprietari terrieri, poichè erano coloro che potevano permettersi l'equipaggiamento militare. Tale impostazione sociale andò in crisi con le continue guerre a cui Roma prese parte, specialmente a seguito delle sanguinosissime guerre puniche, che distrussero, letteralmente, quella che oggi chiamiamo “classe media” e che nell’antica Roma corrispondeva ai proprietari terrieri. Trassero vantaggio i capitalisti dell'epoca, spesso appartenenti alla classe aristocratica, acquistando la terra dai piccoli proprietari in crisi. Per far fronte al nuovo assetto sociale e geopolitico, Roma introdusse una serie graduale di riforme. Per esempio, si permise ai nullatenenti di entrare nelle legioni, a volte anche agli stessi schiavi, poichè altrimenti la Repubblica sarebbe rimasta a corto di combattenti. In più, per dare maggior stabilità nei comandi delle legioni, che altrimenti ogni anno avrebbero dovuto cambiare i vertici, creando quindi confusione nelle strategie di guerra, oltre al rischio di trovarsi come generali delle figure poco capaci, venne introdotta la carica del proconsole. Il proconsole era una magistratura che in caso di una guerra dalla durata di più anni, permetteva ai consoli di rimanere al comando delle operazioni belliche fin quando necessario. La nuova carica fu usata in particolar modo durante il lungo conflitto con Cartagine. Tuttavia, quasi subito dopo la sua introduzione, prese uso la nomina a proconsole anche di semplici cittadini che dimostrarono buone, se non ottime, capacità di comando, come successe allo stesso Publio Cornelio Scipione. Tali modifiche aprirono la strada a grandi generali come Mario, homo novus, ossia di famiglia non nobile, Silla, Pompeo, Crasso e Cesare. A causa della mancanza di turnazione ai vertici delle legioni, i legionari divennero più fedeli ai loro comandanti che al Senato e quindi ai cittadini di Roma. L'impostazione secondo cui i comandi dell'esercito erano affidati alla classe senatoria e i ranghi dell'esercito formati esclusivamente da cittadini, si ruppe definitivamente nel corso del III secolo d.C., quando l'anarchia militare e le continue guerre contro barbari e Persiani, permisero rapide scalate nei ranghi dell’esercito, talvolta anche uomini di umili origini o addirittura da barbari poco romanizzati. Tutto ciò creò nuovi problemi all'Impero, dal momento che chi era chiamato a difenderlo, spesso lo faceva per il suo interesse personale e non per il bene comune, come invece accadeva in età repubblicana e nell’alto Impero, quando i cittadini, indipendentemente dalla classe sociale, combattevano per difendere la loro terra e la loro patria. Ovviamente è sempre difficile trovare un equilibrio. Se gli ufficiali civili lo sono anche in campo militare, vi è il rischio di colpi di stato. Nell'antica Roma, specialmente in Età Repubblicana e durante l'alto Impero, ciò veniva meno poichè vi era un grande senso comune, secondo cui ognuno viveva per il bene di Roma e la sua e la grandezza. D'Altro canto, la frequente turnazione nelle cariche, impediva che si creassero dittature di fatto, ma di contro il continuo cambio ai vertici dava poca stabilità, specie in ambito militare. Mentre la possibilità di fare carriera e scalare la "piramide sociale" nei ranghi dell'esercito era sì un ascensore sociale che dava la possibilità a tutti di affermarsi nella società, ma favoriva anche i protagonismi. Tuttavia, Roma aveva un vantaggio che oggi non abbiamo più, ossia che i cittadini avevano grande senso della patria e del loro dovere di cittadini, favorendo la coesione sociale in modo che tutte le classi remassero nella stessa direzione, ossia nel cercare il bene di Roma. Sebbene quanto appena detto non significasse che non vi fossero, a volte, forti tensioni sociali, come accadde specialmente nell’età della Repubblica, quando il conflitto tra patrizi e plebei portò grandi cambiamenti nella società e nelle istituzioni della città eterna. Tuttavia, la grandezza a cui Roma stava andando sempre più incontro, a volte anche in modo troppo veloce, permise la definitiva affermazione dei protagonismi. Il primo caso di un uomo che si impose al di sopra di tutti gli altri fu Silla, seguito da Cesare e poi da Augusto. Tuttavia, le tradizioni e i valori romani, come la subordinazione ad un capo, rimasero relativamente saldi almeno fino al III secolo d.C., quando non a caso si ampliò notevolmente il problema degli usurpatori, ossia una delle cause che porteranno alla caduta dell'Impero. Non a caso, a partire dal III secolo, gli imperatori diventarono sempre più sovrani e meno “principi”, fino ad arrivare a Diocleziano, dal cui regno non si parlerà più dell'Impero come di un principato, ma appunto di un dominato.

 

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