Il Governo di Emanuele Filiberto

Alessandro Marini

17/11/23

Storia

Ritratto di Emanuele Filiberto

Emanuele Filiberto di Savoia nacque a Chambery nel 1528 e divenne duca nel 1553, in seguito alla morte del padre Carlo II. Il duca era un uomo intelligente, scaltro, dinamico, lavoratore e curioso, specie nel campo dell'ingegneria e questa passione contribuì alla realizzazione di nuovi forti e castelli, come la cittadella di Torino, un forte pentagonale all'avanguardia, simbolo della rinata potenza sabauda. Torino divenne la capitale del ducato nel 1563, poichè la città era in una posizione più centrale rispetto a Chambery. Tuttavia, Torino era una città ancora medievale, ossia senza palazzi lussuosi, tranne alcune eccezioni come il palazzo degli Acaja, oggi Palazzo Madama e il palazzo vescovile, dove il duca soggiornò. provvisoriamente. durante la costruzione del futuro Palazzo Reale di Torino. Lo spostamento della capitale fece sì che molti nobili edificassero nuove dimore sontuose con stupendi giardini nei pressi della città, specie sulle colline circostanti, le quali, insieme alle dimore sabaude, costituirono la "corona di delizie" intorno a Torino. In più, per abbellire i palazzi e aumentare il prestigio culturale del suo stato, fece arrivare numerosi artisti e letterati, sebbene i migliori erano già al servizio di altre casate e quindi bisognava accontentarsi di ciò che rimaneva. Un'eccezione è rappresentata dal Veronese che lavorò ad alcune opere commissionate dai Savoia. Detto ciò, oltre alla costruzione di palazzi e fortezze, Emanuele Filiberto volle dare slancio al commercio e all'artigianato, adottando misure protezionistiche. Riguardo all'agricoltura fece scavare nuove "bealere", i canali per irrigare i campi, nella zona del Tanaro e dello Stura. Inoltre, finanziò lo sviluppò del settore tessile e dei setifici, favorendo la coltura del gelso che lui stesso piantò in alcuni suoi possedimenti. Emanuele Filiberto volle riorganizzare l'esercito, in modo da rafforzare la sua autorità, dando prestigio e forza al ducato. Il primo passo fu quello di arruolare solo i sudditi e non più i mercenari, così da avere truppe che combattevano per la loro terra e le loro famiglie e non per l’oro. Così facendo cercava anche di creare un attaccamento del popolo al proprio ducato. Successivamente divise lo stato in colonellati e stabilì che tutti coloro fossero tra i diciotto e i cinquant'anni di età e risultassero abili alle armi, sarebbero stati inseriti nelle liste di leva. L'esercito che si veniva a formare poteva contare su ventimila armati, a cui andavano aggiunti la cavalleria e le forze di presidio presso i vari forti e fortezze. Gli ufficiali, stipendiati, erano scelti fra i ranghi della nobiltà, la quale si stava ritagliando nuovi spazi di preminenza, quasi come un ritorno alle origini. Dopo che il duca ebbe affrontato le tematiche dello sviluppo economico e militare, urgeva riformare lo stato sabaudo, per renderlo moderno e al passo con i tempi. Riaffermò la sua autorità anche sfruttando la crisi innescata dagli anni di conflitto, instaurando così un governo di forma assolutistica. Infatti, eliminò gli Stati Generali e rese il consiglio di corte un mero organo consultivo. Detto ciò, come prassi dei regnanti di casa Savoia, si trovò a dover difendere l'autonomia appena riconquistata e perciò, adottò una politica estera equilibrata ed equidistante dalle due potenze del periodo: La Francia e la Spagna. Infine, si concentrò sulla cultura e fece ritornare l'università a Torino nel 1566, dal momento che nel 1560 fu trasferita a Mondovì.


Fonte (di cui consiglio la lettura) Gianni Oliva, I Savoia Novecento anni di una dinastia, Mondadori Libri S.p.a., Milano, 2017.


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