Città, Animali e Igiene


Alessandro Marini
24/07/23
Storia
Foto di un borgo montano cuneese ad inizio Novecento
E' una fredda giornata d'autunno e il dottor Marco Abate, il sindaco di Peveragno, esce dalla sua abitazione in centro città. Si respira l'aria fresca di montagna e l'odore di erba bagnata che risveglia i sensi, provocato dalla pioggia caduta la notte precedente. Entrambi vengono sostituiti dall'inconfondibile e appetitoso profumo di pane fresco, proveniente da una vicina panetteria. Tuttavia, girandosi nota che a poca distanza il signor Grosso sta ammucchiando una catasta di legno, tagliato recentemente, su una piazza del paese, per poi accatastarlo nella sua cascina in modo da averlo per l'inverno, che si preannuncia particolarmente freddo. il Sindaco va incontro al signor Grosso rimproverandolo di aver commesso un illecito amministrativo e confidando che liberasse al più presto la strada e con la promessa di non costruire nuovamente il passaggio in futuro. L'odore di erba bagnata, di pane ed infine di legna appena tagliata viene velocemente rimpiazzato da un odore pungente di sterco di maiale e poco più avanti da quello del contenuto del vaso da notte di qualche residente che come ogni mattino lo ha svuotato in strada dal balcone della sua abitazione.
Potreste pensare che ci troviamo di fronte ad una scena ambientata nel Medioevo, ma non è così, bensì a metà Ottocento. Infatti, siamo abituati a pensare che la sporcizia, il disordine e i cattivi odori fossero una situazione riscontrabile in Italia e in Europa solo nel Medioevo. In realtà ancora ad inizio Novecento la situazione non era particolarmente differente da quella medievale. Per esempio, per rendere meglio l’idea del disordine in cui versavano le città durante la “belle Epoque” basti sapere che, come abbiamo già spiegato in un articolo precedente, la situazione non si era differenziato molto da quella esistente nel Medioevo, in cui gli animali “da fattoria” come suini, ma anche caprini e volatili, venivano lasciati liberi di circolare per le strade ed entrare nelle case, anche perché di solito “alloggiavano” nei cortili, se non nelle stesse abitazioni in cui vivevano i proprietari, solitamente al primo piano, in modo che il calore da loro generato riscaldasse tutto l’edificio. Situazione riscontrabile, fra l’altro, ancora nelle campagne di inizio XX secolo. Infatti, nei borghi montani o nei piccoli centri del cuneese, come in molte altre zone d’Italia e non solo, era normale, camminando per strada, imbattersi in un maiale o in qualche gallina.
Il problema relativo alla vivibilità delle città, in ogni caso, non si esauriva solo per l’elevata presenza di animali liberi per le vie del paese. Infatti, a Peveragno, un comune della provincia di Cuneo, il Regolamento di Polizia Urbana e Rurale di metà Ottocento vietava di occupare i siti pubblici, così come accumulare in essi letame, paglia, legno o altre “materie fetenti”. Non solo, si proibiva di gettare immondizia, acqua o qualsiasi altra sostanza dalle finestre o dalle porte delle abitazioni e di non usare le fontane pubbliche per lavare i panni e le stoffe, oltre addirittura a dare indicazioni su come tener puliti negozi, case, cortili, strade e piazze. In ogni caso, bisogna stare attenti a giudicare realtà che erano ben diverse dalle nostre, anche perché si ignoravano completamente i rischi di vivere in ambienti insalubri ed infatti malattie come il vaiolo dilagavano. Nel 1893 la giunta deliberò nuovamente in merito alla raccomandazione di curare l’abitato, in quanto vi erano famiglie che “tengono nelle stalle dove dormono perfino il letamajo”. Proprio così, in quest’epoca così vicina a noi le persone vivevano, a volte, anche nelle loro stalle e per buona parte del Novecento rimase una situazione diffusa tra le famiglie contadine più povere, ma nessuno si scandalizzava, d’altronde l’odore è l’ultimo dei problemi quando non si ha di che mangiare. Qualche anno più tardi, sempre a Peveragno, venne approvato dalla giunta comunale, nel Regolamento di Polizia Urbana, un articolo che vietava “di lasciar pascolare i maiali nelle vie e nelle piazze oppure di buttare liquidi puliti o sudici dalle finestre nelle strade sottostanti”. Grazie al Regolamento di Polizia Urbana si evince come non solo le città medievali avessero seri problemi con l’igiene e il decoro, dal momento che gli stessi rimasero una preoccupazione per molte amministrazioni comunali italiane per tutta la prima metà del Novecento. D’altronde coloro che vivevano lontani dalle metropoli e quindi dalla modernità, erano più vicini alle tradizioni e alle abitudini degli uomini e delle donne del Medioevo piuttosto che a noi. Infatti, tranne le grandi città ormai industrializzate, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento vi erano ancora molti borghi e cittadine senza corrente elettrica, senza una rete idrica capillare e specialmente quasi nessuna abitazione aveva un bagno in casa, i quali iniziarono a diffondersi nelle grandi metropoli ad inizio Novecento.
Fonti:
Giovanni Magnino, ‘Nduma ‘n Fransa ‘Nduma ‘n Merica, Comune di Peveragno, 2017.
Giovanni Magnino, Peveragno nella Grande Guerra, Comune di Peveragno, 2018.
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